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Non esiste un luogo di quella terra che non sia entrato nel mio cuore

NON ESISTE UN LUOGO DI QUELLA TERRA CHE NON MI SIA ENTRATO NEL CUORE

Marco, 36 anni

Non ho mai pensato seriamente di fare un viaggio in Terra Santa, perché in fondo ero convinto, ieri come oggi, che la fede non dipenda dall’aver visitato un luogo santo, quanto dall’aver scoperto cosa Dio ha da dire alla mia vita, qui e ora, senza andare chissà dove.

Forse era troppo, forse era osare troppo visitare proprio la Terra Santa, forse non ero pronto. Fatto sta che, una volta saputo dell’opportunità di andarvi con i frati, l’ho colta senza pensarci su troppo.

Durante il viaggio di andata, ricordo, pensai che di lì a poco i miei occhi avrebbero visto la terra che vide il Signore, i miei passi avrebbero incrociato i Suoi passi.

Del viaggio potrei ricordare molte cose, i tanti luoghi visitati, troppi forse e in troppo poco tempo per poterne meditare la grandezza, ma tant’è. Fra Simone incalzava, era sempre sul pezzo, sveglia presto e subito in giro!

​Non esiste un luogo di quella Terra che non mi sia entrato nel cuore.

La sera dell’arrivo a Nazareth, ricordo l’emozione di entrare nella Basilica dell’Annunciazione, la meraviglia di contemplare la grotta dove Maria ha ricevuto la visita dell’Angelo, i canti e le preghiere che si alzavano da quel luogo.

Avevo costantemente l’impressione di essere in un film, qualcosa in me mi ripeteva costantemente “non è vero”, “non è possibile”, “tu stai sognando”, come se da un istante all’altro il regista avesse dovuto urlare “Ok buona la prima!”.

Non era un film, era la realtà, una realtà alla quale sotto sotto faticavo a credere, una realtà alla quale il mio cuore non riusciva a dare una misura.

Siamo stati visitati, Qualcuno è venuto tra noi ed io, proprio in quel luogo, facevo fatica a crederlo. Un mio amico sacerdote ha fatto osservare, durante un’omelia, come fosse molto più semplice credere a un Dio invisibile che a un Dio che si mostra in forma umana. Per Israele anche solo nominare il nome di Dio era impensabile, immaginiamoci cosa poteva voler dire incontrare un Dio in carne ed ossa! Si, Gesù era un grande profeta, un saggio, un maestro, ma quanti seppero riconoscere in Lui il figlio del Dio vivente?

Dopo Nazareth, altro colpo al cuore: Betlemme, Basilica della Natività. Entriamo e ci dirigiamo tutti verso l’abside, facendo la fila per entrare sotto a un piccolo arco di pietra, attorniato da una miriade di candelabri sacri ed icone. Scendiamo le scale e ci ritroviamo direttamente nel punto esatto da sempre venerato come luogo della nascita del Signore.

Un piccolo buco nero, circondato da un anello argentato, in una grotta. Non potevamo fermarci là per molto, il passaggio era continuo, la massa di pellegrini imponente. Eppure trovammo il modo di raccoglierci in preghiera lungo il piccolo cunicolo antistante alla grotta. In silenzio, in ginocchio, senza dire una parola, gli occhi lucidi. Era successo ed era successo lì, proprio lì davanti a noi, il Signore del tempo e della storia era venuto al mondo.

E poi, naturalmente, Gerusalemme. Che ricordo meraviglioso poter celebrare con gli Ebrei il sabato ebraico. Tutti insieme nella maestosa piazza del Muro del Pianto ad ammirare i balli, i canti e le preghiere con le quali il venerdì sera gli Ebrei salutano l’ingresso dello Shabbath.

Toccante è stato rendersi conto che quel muro è in verità ciò che resta dell’antico tempio di Israele che si estende, invisibile, anche tra e sotto le case e le viuzze interne della città vecchia.

Indescrivibile è stato entrare nella Chiesa del Santo Sepolcro e, nonostante il delirio di folla e il caos perenne, potersi fermare ai piedi della Croce del Signore, raccogliersi in preghiera, vedere e toccare quel luogo. Così come toccare la pietra del Sepolcro, che ho scoperto essere a poche decine di metri dal luogo del martirio.

Là Gesù venne posto da Giuseppe di Arimatea, là i discepoli Pietro e Giovanni corsero a vedere cosa fosse accaduto al loro Signore all’annuncio della pietra rotolata via, là il Signore risorto incontrò Maria di Magdala, là ella lo chiamò “Rabbunì”.

E poi il Getzemani. In silenzio tra gli ulivi, di fronte a noi le mura di Gerusalemme.

E ancora, la visita ad una sala nobiliare. Fra Simone ci colse un po’ di sorpresa, non era previsto se non ricordo male, fatto sta che, in un lampo, da uno dei vicoli della Gerusalemme vecchia, entriamo in un palazzo, saliamo una rampa di scale ed accediamo ad una grande sala, elegante, chiaramente appartenuta ad una persona facoltosa. Ebbene era nientemeno che il Cenacolo, la sala dell’ultima cena, data in uso a Gesù da un suo amico facoltoso per cenare con i suoi. Da rimanere senza fiato!

Moltissimi altri luoghi abbiamo visitato, il monte delle Beatitudini, di fronte al Lago di Tiberiade; il Monte Tabor, luogo della Trasfigurazione del Signore. Ricordo il panorama mozzafiato che si poteva godere a 360 gradi e ricordo altrettanto bene l’impressionante, chiarissimo, rumore di colpi di arma da fuoco pesante in lontananza in direzione del confine siriano.

Ricordo ancora il luogo dell’investitura di Pietro a capo della Chiesa, Tabgha, lungo il Mare di Galilea con un tramonto bellissimo.

E ricordo anche la voce di Michela, una sera durante la preghiera a Gerusalemme, dopo una giornata intensa che più intensa non si poteva, cantare meravigliosamente al Signore il suo inno di lode; ricordo ancora i nostri canti nell’Abbazia benedettina ad Abu Gosh, ultima tappa del nostro cammino.

Ricordo che alcuni di noi, dopo aver visitato la Basilica della Natività, hanno manifestato l’intenzione di farcisi chiudere dentro insieme agli altri religiosi, che dalle cinque del pomeriggio alle cinque del mattino, periodo nel quale i musulmani chiudono la Basilica, restano al suo interno senza potervi uscire.

Ricordo le catechesi di fra Simone “il saggio” che impreziosivano le nostre giornate, ricordo il piglio deciso col quale fra Simone “il capo” ci invitava a seguirlo senza far tardi, ricordo la sua grandissima competenza e la dedizione con la quale ci illustrava i Luoghi Santi.

E infine, sì, ricordo anche il deodorante di Valeria, come potrei dimenticarlo…